Cari allievi,

è tempo di gentilezza. Mai come in questo momento, così difficile, così incerto per il futuro di una società sconvolta dalla emergenza sanitaria, abbiamo bisogno tutti, ma proprio tutti, di riscoprire e coltivare quella che Marco Aurelio, filosofo e imperatore romano definiva “la gioia dell’umanità”: la gentilezza.

La scuola deve essere oggi tempio della gentilezza, nel solco di quel patto di corresponsabilità tra alunni, insegnanti, famiglie e Dirigente scolastico che non può e non deve rimanere un semplice pezzo di carta, bensì rappresentare una dichiarazione d’intenti convinta, che si traduca in comportamenti e pratiche di gentilezza quotidiana, attenzione agli altri e costruzione di relazioni positive. Oggi abbiamo tutti limitato la nostra socialità, i nostri stili di interazione e abitudini quotidiane. La gentilezza deve rappresentare quindi la nostra bussola, il canale principale per creare una società collaborativa e partire tutti insieme dopo la grande tempesta di civiltà che ci è piombata addosso. Ed è dai banchi di scuola che bisogna ripartire, da quella educazione socio-emotiva indicata dallo psicologo e studioso Daniel Goleman. Sono sufficienti piccole azioni come salutarsi, giocare insieme, guardarsi negli occhi e capirsi, perchè il vivere insieme, l’appartenere a un gruppo, come il gruppo classe, è un valore grande che può arginare l’individualismo e aumentare l’altruismo e lo spirito di Comunità.

Auguro alla intera Comunità scolastica una buona Giornata della Gentilezza con una splendida poesia di Charles Bukowski!

 

IL DIRIGENTE SCOLASTICO

  Prof.ssa Nunzia Galdi

 

SII GENTILE

Ci viene sempre chiesto

di comprendere l’altrui

punto di vista,

non importa quanto sia

antiquato

stupido o

disgustoso.

 

Uno dovrebbe

guardare

agli errori degli altri

e alle loro vite sprecate

con

gentilezza,

specialmente se si tratta di

anziani.

 

Ma l’età è la somma

delle nostre azioni.

Sono invecchiati

malamente

perché hanno

vissuto

senza mettere mai a fuoco,

hanno rifiutato di

vedere.

 

Non è colpa loro?

Di chi è la colpa?

Mia?

 

A me si chiede di mascherare

il mio punto di vista

agli altri

per paura della loro

paura.

 

L’età non è un crimine

ma l’infamia

di un’esistenza

deliberatamente

sprecata

in mezzo a tante

esistenze

deliberatamente

sprecate lo è.